Problemi di svincolo e adesione a patti di lealtà: La difficoltà di crescere nelle famiglie invischiate

Il nostro sistema familiare fa parte integrante della nostra psiche. Molti sentimenti e sintomi che possiamo sperimentare nel corso della nostra esistenza, non sono necessariamente legati alla nostra storia personale, ma possono essere il frutto di un tentativo di svincolo dalla nostra famiglia che fa sì che una generazione riprenda i conflitti delle generazioni precedenti rimasti in sospeso. Per amore verso la nostra famiglia riproduciamo inconsciamente comportamenti, sentimenti, destini tragici non risolti dai nostri antenati in modo che l’emozione repressa dal sistema familiare, abbia la possibilità di essere ripercorsa, affinché i nostri cuori si aprano alla sofferenza e l’amore possa circolare di nuovo.

Questa breve introduzione ci permette di comprendere come noi non siamo individui isolati, fatti solo di noi stessi. Ciascuno di noi è il risultato di componenti innate e di esperienze vissute nell’ambito della proprio contesto di appartenenza, ovvero la propria famiglia che, inevitabilmente, darà vita al nostro imprinting emotivo e psicologico.

Nasciamo e cresciamo all’interno di un gruppo; un nucleo familiare che possiede regole di interazione tra i suoi membri, ruoli a cui aderire e storie da continuare a tramandare attraverso le generazioni successive. Ciascuno di noi contribuisce a mantenere vivo il senso della sua famiglia anche quando richiede impegno, sofferenza; anche quando sentiamo che non vorremmo ma non riusciamo a svincolarci da quelle che, in fondo sappiamo, sono aspettative altrui. Perché lo facciamo? perché questo ci garantisce un senso di appartenenza e ci permette, secondo le nostre credenze, di beneficiare dell’amore della nostra famiglia; ci garantisce di continuare ad essere parte di un gruppo…ci evita la paura dell’abbandono.

Minuchin S. uno dei pionieri della terapia familiare ha scritto: “La struttura familiare è l’invisibile insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono una famiglia è un sistema che opera tramite modelli transazionali. Transazioni ripetute stabiliscono modelli su come, quanto e con chi stare in relazione. Questi modelli definiscono il sistema”.

Affinchè una famiglia funzioni bene, è necessario che vi sia una giusta distanza tra i suoi membri, distanza che viene definita confine. A seconda del funzionamento dei confini possiamo distinguere tre tipi di famiglie:

  1. famiglie disimpegnate (confini eccessivamente rigidi in cui i membri della famiglia sono eccessivamente distanti tra loro dal punto di vista emotivo) 2. famiglie normali (confini chiari, in cui i membri della famiglia sanno stare insieme pur rispettando il diritto all’individualità di ciascuno) 3. famiglie invischiate (confini diffusi, dove ogni processo di differenziazione tra i membri è bloccato e dove ogni separazione è vista come tradimento. In queste famiglie il senso di appartenenza predomina su quello di identità).

Nella famiglia invischiata, dunque, i confini sono eccessivamente deboli, si osservano: un eccesso di preoccupazione e protettività, reciproche richieste di lealtà ai ruoli e alle regole familiari, una limitata percezione di sé, la paralisi nei momenti di transizione. Il tipo di legame tra i membri è tale che i tentativi di cambiare da parte di uno di loro sollecitano rapidamente la resistenza da parte degli altri.

L’invischiamento familiare è particolarmente evidente nei momenti di crescita e transizione dei suoi membri. Un tipico esempio è quello dello svincolo che arriva nel momento in cui la generazione più giovane, oramai adulta, decide di lasciare il nido familiare e formare un proprio nucleo (matrimonio, convivenza, studiare in un’altra città o ancora andare a vivere da soli ecc..). E’ in questa precisa fase del ciclo vitale della famiglia che più facilmente può accadere che uno o più membri del sistema familiare stesso presenti un sintomo (es. Ansia, Paura, Alcolismo, Anoressia ecc..). Il sintomo possiede al suo interno un messaggio ben preciso ed ha una funzione altrettanto chiara se compresa e ascoltata. Spesso infatti il sintomo desta preoccupazione e garantisce alla famiglia di riunirsi nuovamente per “assistere” il soggetto sofferente. Il riavvicinamento dunque evita e scongiura l’allontanamento ed il venir meno a quei patti di lealtà che garantivano un rassicurante status quo familiare. L’immutabilità dona rassicurazione perché ci garantisce di restare aggrappati a regole e contesti conosciuti ma allo stesso tempo blocca l’evoluzione e ci provoca sofferenza perché non ci permette di evolvere e sviluppare la nostra efficacia personale.

Nel profilo della famiglia invischiata qualsiasi manifestazione di perdita di controllo sui figli rende la madre o il padre ansiosi. Il timore dominante è quello di diventare impotente, piuttosto che diventare “cattiva/o”. La madre (o il padre) ha un bisogno travolgente di avere una presa continua sui figli perché questo le garantisce di continuare ad esercitare il suo ruolo, il ruolo che le è stato tramandato dalle generazioni precedenti e che dà senso alla sua esistenza. Venir meno a questo ruolo significa mettere in discussione il senso di sè ed il senso di appartenenza alla sua famiglia di origine.

Quindi, l’invischiamento rappresenta una strategia per evitare la paura del cambiamento: negando la differenza e il disaccordo tra i membri. Più in generale, i figli delle famiglie invischiate imparano a dipendere esclusivamente dalla famiglia per avere un senso di sostegno e di appartenenza.

Molto frequente, specie nelle famiglie invischiate, è la presenza di sintomi psicosomatici nei figli, sintomi rispetto ai quali la famiglia si adatta passivamente, oppure incoraggia attivamente la sua manifestazione facendo in modo che il sintomo svolga una funzione regolatrice del sistema familiare. Lo studio delle famiglie invischiate con figli psicosomatici, la cui psicopatologia è più “vistosa” rispetto alle famiglie disimpegante, fornisce un ricco campo di osservazione delle dinamiche di iper-protezione, mostrando come il coinvolgimento di tutta la famiglia nei confronti del figlio “malato”, la preoccupazione eccessiva per il benessere fisico del figlio e la costante richiesta di reazioni protettive, contribuiscano a mantenere sommersi conflitti intergenerazionali, che si tramandano cioè da generazione in generazione.

Riconoscere il proprio sintomo e capire la sua origine rappresenta sicuramente il primo passo per riuscire ad ascoltarsi e darsi la possibilità di evolvere abbandonando schemi di relazione disfunzionali che non fanno altro che apportare sofferenza a sé stessi e alla propria famiglia. Spesso è proprio ai membri sintomatici di un sistema viene delegata la responsabilità, da parte di tutti i membri della famiglia, del cambiamento di regole disfunzionali e bloccanti che hanno fatto soffrire intere generazioni.

Per concludere, uso le parole di Tolstoj, tanto care a tutti gli psicologi e psicoterapeuti che si occupano di terapia familiare e agli esperti mediazione familiare: “Le famiglie felici sono tutte simili, ma quelle infelici hanno ciascuna un proprio modo di esserlo” (in “Anna Karenina”).

Articolo a cura di: Dott.ssa Laura Tullio

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